Ott 292016
 

toto

‘A livella (traduzione in italiano)

Ogni anno, il due novembre, c’è l’usanza
di andare al Cimitero per i defunti.
Ognuno ha il dovere di fare questo gesto
ed ognuno deve avere questo pensiero.

Ogni anno, puntualmente, in questo giorno,
in questa triste e mesta ricorrenza,
anch’io ci vado e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo di Zia Vincenza.

Quest’anno mi è capitata un’avventura…
dopo aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! Se ci penso… che paura!
Ma poi mi feci anima e coraggio.

Il fatto è questo, statemi a sentire:
si avvicinava l’ora di chiusura
io, serenamente, stavo per uscire
dando un occhio a qualche sepoltura.

“Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l’11 maggio del ‘31”

Lo stemma con la corona sopra…
…sotto una croce fatta di lampadine:
tre mazzi di rose con una lista di lutto:
candele, candelotti e sei lumini.

Proprio attaccata la tomba di questo signore
ce n’era un’altra piccolina
abbandonata, senza neanche un fiore;
per segno solo una piccola croce.

E sopra la croce si leggeva:
“Esposito Gennaro – netturbino”:
la guardavo, ma che pena mi faceva
questo morto senza neanche un lumino!

Questa è la vita! Pensavo tra me e me:
chi ha avuto tanto e chi niente!
Chissà se questo poveretto si aspettava
che pur all’altro mondo sarebbe stato miserabile?

Mentre fantasticavo su questa cosa
si era già fatta quasi mezzanotte,
e rimasi chiuso, prigioniero,
morto di paura…davanti alle candele.

Tutto ad un tratto cosa vedo?
Due ombre avvicinarsi a me…
Pensai: questo fatto mi sembra strano…
Sto sveglio, dormo o è fantasia?

Altro che fantasia; era il Marchese:
con la tuba, la caramella ed il cappotto.
L’altro, dietro di lui in pessime condizioni;
tutto sporco e con una scopa in mano.

Quello certamente è Gennaro…
quello morto poverello, lo scopatore.
“In questa cosa io non ci vedo chiaro:
sono morti e rientrano a quest’ora?

Erano ad un palmo da me,
quando il Marchese si fermò di botto,
si volta e calmo calmo,
disse a Gennaro: “Giovanotto!

Da Voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va, si, rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava, si, inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d’uopo, quindi, che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente”

“Signor Marchese, non è colpa mia,
se dipendeva da me non le avrei fatto questo torto;
mia moglie è stata a fare questa fesseria,
io non potevo farci nulla, ero morto.

Se fossi vivo la farei contento,
prenderei la mia cassa da morto con le quattro le ossa
e proprio ora, immediatamente
me ne andrei in altra fossa.

E cosa aspetti, oh turpe malcreato,
che l’ira mia raggiunga l’eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!”

“Fammi vedere… piglia questa violenza…
La verità, Marchese, è che mi sono stufato
di sentirti e se perdo la pazienza,
mi dimentico che son morto e sono botte!…

Ma chi ti credi d’essere, un Dio?
Qua dentro, lo vuoi capire, che siamo tutti uguali?
Morto sei tu e lo son anch’io
e ognuno è uguale a com’è nato”.

“Lurido porco!…Come ti permetti
paragonarti a me ch’ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?”.

“Tu con Natale, Pasqua e l’Epifania!!!
Ti vuoi mettere in testa, in quel cervello,
che sei ancora malato di fantasia?
La morte, lo sai cos’è?, E’ una livella.

Un re, un magistrato un grand’uomo,
entrando in questo cancello ha fatto il punto
che ha perso tutto, la vita e pure il nome;
non ti sei fatto ancora questo conto?

Perciò, ascoltami, non essere restio,
sopporta la mia vicinanza; che ti importa?
Queste pagliacciate le fanno solo i vivi:
noi siamo seri…

apparteniamo alla morte!”

~ ~ ~

*A’ livella, metafora della morte che Totò usa

come livellatrice di ogni disuguaglianza esistente tra i vivi.

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